Mentre, per una sorta di riflesso automatico, tutti attendono spasmodicamente la fine del governo di B. (vissuta tra l’altro come la fine definitiva del suo quasi ventennio), e sfogliano compulsivamente giornali e siti internet per cogliere per primi i segnali della fine prossima ventura, in pochi sembrano interessarsi a cosa accadrà dopo. Meglio, in pochi sembrano credere che le cose, alla Sua scomparsa dal quadro politico, possano migliorare o comunque cambiare in qualche modo.
Le prove di governissimo con tutti dentro sembrano infrangersi, ma questo era facile da prevedere, con le differenze programmatiche esistenti anche tra alleati che sembrano solidissimi (basti pensare alle diverse reazioni tra le leadership di PD e Idv alla famosa lettera della Bce) e questo rischia di allungare i tempi dell’agonia economica che attanaglia il nostro paese. E anche l’ipotesi di eventuali elezioni a gennaio o in primavera non risolverebbero il problema, anche in caso di cambio di maggioranza di governo perché la domanda resterebbe sempre la stessa: chi si assumerà in proprio la responsabilità di fare ciò che ci chiede l’Europa? E cosa cambierebbe, a livello di selezione del personale politico, se si dovesse andare ad elezioni con l’attuale sistema elettorale?
Il rischio alla fine è che il Sansone col parrucchino protagonista dello scenario politico nazionale negli ultimi anni possa trascinare con se anche i suoi avversari, uniti nella sola caratteristica veramente trasversale nella cosiddetta Seconda Repubblica. La scarsa qualità della classe dirigente.
Marco Di Salvo